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Il potere logora

Come immigrato in Svezia, mi sono dovuto pure io confrontare con la lingua locale.
Dopo 7 anni abbondanti me la cavo: sono persino riuscito a tenere testa ad un venditore al telefono quando ho disdetto il contratto per la TV via cavo :-)
Seguire i telegiornali o i film non è un grosso problema: anche senza una comprensione del 100%, il nostro cervello analizza e riempie imbuchi (capita pure con la nostra lingua madre).

C’è però una soglia oltre alla quale non riuscirò mai ad andare, e questa me la sono messa via da tempo. Una lingua non è semplicemente un insieme di regole grammaticali e vocaboli. Se fosse solo questo, avremmo da tempo dei traduttori automatici funzionanti (a proposito: state alla larga da Google Translator! E’ una trappola inaffidabile). Quando parliamo, facciamo di continuo riferimenti a ciò che ci sta attorno, a ciò che conosciamo. Faccio un esempio: se dico “sei ironico come Andreotti”, ogni italiano sa cosa voglio dire. La parola “Andreotti” (un nome è una parola) evoca le sue battutine, ma anche il suo coinvolgimento con la mafia e il suo atteggiamento durante il rapimento di Moro. Come spiegare tutto questo in maniera concisa a qualcuno che non sa chi sia Andreotti? Sarebbe impossibile. E non è che si possa fare un corso rapido di riferimenti per colmare le lacune

Ed è la stessa cosa capita a me quando si va fuori con gli amici dello svedese domestico. Mi annoio assai quando non capisco realmente il nocciolo della conversazione pur cogliendo le parole e la grammatica.

Ma, come già detto, me la sono messa via da tempo: immigrato sono e immigrato resto. Un mezzo e mezzo con due piedi in nessuna scarpa :-)

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Amor di Patria

Riprendo qui un commento che ho lasciato oggi sul blog di Franco a Stoccolma

Buon per chi si sente italiano e felice di esserlo. Ma non tutti condividono questo entusiasmo. C’è chi è italiano e riesce a vedere il suo Paese col distacco necessario a fare confronti con altre nazioni.
L’Italia non ha il monopolio del genio, né dell’arte, né dell’ospitalità, bellezza, cultura. Si può amarla e si può odiarla. Le due cose non si escludono.

Personalmente ho fatto armi e bagagli e mi sono trasferito in Svezia e non tornerò indietro. Amo l’Italia? Sì. Amo gli italiani? No. Troppi i difetti.

Ho letto con preoccupazione le precedenti dichiarazioni di amore senza se e senza ma. Cosa c’è da difendere a prescindere? Si devono vedere i casi e si giudica individualmente.

Credo che nessuno straniero metta in dubbio le bellezze naturali ed artistiche (ma, ripeto, Francia, Svezia, Australia, Nepal… non sono da meno). Ma come si può difendere la classe politica che governa il Paese (e la classe politica *è* espressione di chi la elegge), la cultura mafiosa che permea la società intera (e non solo al sud, come fa comodo credere), il rifiuto dello stato, il menefreghismo, il “questo non si applica a me” e via dicendo.

Quindi, viva l’Italia, viva un po’ meno gli italiani. Ma anche viva la Svezia, viva gli svedesi. E:
Viva la Francia
Viva l’Australia
Viva la Namibia
Via il Canada
Viva Marte

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Rispetto

Questo post di Beppe Grillo, mi ha riportato alla mente una delle primissime impressioni che ho avuto in Svezia: la massiccia presenza di persone handicappate in giro per la città.

Sulle prime, mi veniva da pensare che ci deve essere qualcosa di sbagliato nei geni degli svedesi: in Italia non ci sono tutte queste persone con problemi. Anni ed anni di incroci familiari, geni che non si mescolano abbastanza e via dicendo, pensavo.

Poi ho realizzato: ci sono così tante (beh, relativamente) persone handicappate in giro perché sono messe in condizione di essere autonome: le strutture svedesi forniscono accesso alle carrozzelle ovunque. Le porte automatiche sono standard.

Laggiù in Africa, invece, fedeli alla vecchia tradizione del Sepolcro Imbiancato, si finge che il problema non esista: gli handicappati se ne stiano in casa, che fuori danno fastidio agli occhi dei ben pensanti.

Accessi facilitati? Pfui!
Porte automatiche? Figuriamoci!
Alternative per disabili? Ma che siamo, un paese civile, noi?

Ci vuole poi così tanto a sostituire uno scalino con una rampetta? Ad allargare le porte per permettere laccesso alle carrozzelle? Ad abbassare lo sportello allufficio postale?
Ebbene sì, evidentemente: abituati da millenni ad avere una cultura della sopraffazione e del sopruso (o semplice disinteresse) verso chi non è maggioranza, anche piccoli passi verso la civiltà risultano ostici.

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